«Vorrei approfondire ciò che ti scrivevo in una lettera precedente, condividendo con te la mia meraviglia davanti a una pagina straordinaria della Bibbia. Si trova nel Primo libro dei Re, al capitolo terzo. Il giovane Salomone succede a suo padre David come re di Giuda. Salomone è giovane, niente lascia presagire la gloria futura. Vuole incominciare il suo regno con un atto di culto a Dio, si reca così a Gabaon per offrire un sacrificio. La notte precedente, però, fa un sogno. Il Signore gli appare e dichiara: “Chiedi! Cosa ti posso donare?”. Un’offerta favolosa! Salomone potrebbe pretendere molto: un grande regno, la sottomissione di tutti i nemici, la vittoria in guerra. In compenso, egli chiede un Levshome’a, letteralmente “un cuore che ascolta” (1Re 3,9) . Salomone desidera ricevere da Dio un cuore capace di ascoltare: nell’antropologia biblica il cuore è l’organo che include la dimensione affettiva e quella razionale, è l’organo alla sorgente dei senti- menti, dei pensieri, delle azioni dell’uomo. Insomma, Salomone chiede che tutta la sua persona sia animata dalla capacità di ascoltare. Una domanda che a Dio piacque molto e fu esaudita, poiché nella tradizione ebraica Salomone è il sapiente per eccellenza. Mi preme sottolineare questo: l’ascolto è di gran lunga il dono più grande che devi chiedere a Dio. Dovrebbe abitare il credente fin dall’origine: prima di essere definito dalla fede, dalla preghiera o dalle opere, il credente è uno che si esercita nell’arte dell’ascolto. È il primo rapporto che lo lega a Dio. La particolarità della fede ebraica e poi cristiana, è la centralità del Dio che parla, che è Parola. Dicendo: “Luce!” Dio creò il mondo. “In principio era la Parola” (Gv 1,1), afferma il quarto vangelo. E dinanzi al Dio che parla, che è Parola, la creatura umana è chiamata a essere ascolto. Potremmo parafrasare con audacia il prologo del Vangelo di Giovanni così: in principio era l’ascolto e l’ascolto era l‟uomo… Il cucciolo d’uomo impara ad ascoltare ben prima di parlare ed è ascoltando che impara il linguaggio. È impossibile chiudere le nostre orecchie, a differenza degli occhi, della bocca e del naso. Esserci è ascolta- re. E l’ascolto puramente passivo può divenire, se lo si esercita con attenzione, un’attività che coinvolge l’intera persona. Ascoltare davvero è esser- ci per l‟Altro. Dio rivolge all’uomo la prima parola: “Adam, dove sei?” (Gen 3,9). E per l’uomo ascoltare significa rispondere: “Eccomi qui, pronto per la comunicazione”. Per lungo tempo si è presentata la preghiera cristiana come rivolgere parole a Dio. No, la preghiera cristiana è soprattutto ascolto! Se si parla a Dio, è solo in risposta alla sua parola ascoltata […]. Abbiamo cosi tanto da dirgli da non lasciarlo nemmeno parlare… Sì, l’ascolto di Dio è un’operazione difficile. Richiede da parte nostra il silenzio, ma anche la povertà interiore, l’attenzione, un atteggiamento di ricerca… Credimi, esercitandoti a esso con pazienza potrai crescere nella vita spirituale»
(Enzo Bianchi, Lettere ad un amico sulla vita spirituale, 2010 ).