«Ma Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di questo […]» (Gv 6,61). Essi avevano parlato tra loro in modo da non farsi sentire da lui; ma egli, che li conosceva nell’intimo, ascoltandoli dentro di sé, rispose e disse: Ciò vi scandalizza? Cioè, vi scandalizza il fatto che io abbia detto che vi dò da mangiare la mia carne e da bere il mio sangue? E questo che vi scandalizza? «E se vedeste il Figlio dell’uomo ascendere dov’era prima?» (Gv 6,62-63). Che significano queste parole? Risolvono la loro difficoltà? Sciolgono il dubbio che li ha scandalizzati? Queste parole certamente avrebbero chiarito, se essi le avessero comprese. Credevano che egli volesse dare loro in cibo il suo corpo; egli dice che salirà in cielo, e vi salirà tutto intero: «Se vedrete il Figlio dell’uomo ascende-re dov’era prima», allora crederete che egli non distribuisce il suo corpo nel modo che voi credete: almeno allora capirete che la sua grazia non si consuma mangiando. […]
Che significano le parole che seguono: «È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla?». Egli ci consente di rivolgerci a lui, non per contraddirlo ma nel desiderio di apprendere: O Signore, maestro buono, come è possibile che la carne non giovi a nulla, quando tu hai dichiarato: «Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita» (Gv 6,54)? Forse che la vita non serve a nulla? E perché allora siamo ciò che siamo, se non per avere la vita eterna, che tu prometti di darci mediante la tua carne? In che senso allora «la carne non giova a nulla»? Non giova a nulla la carne nel senso in cui costoro la intesero; essi la intesero nel senso di carne morta, non nel senso di carne re-sa viva dallo Spirito. […] Se infatti la carne non giovasse a nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne per abitare tra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo, mediante la carne, come si può dire che la carne non giova a nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza. La carne fu come il vaso: considera ciò che portava, non ciò che era. […] Perciò dice: «Le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita» (Gv 6,64). Abbiamo già detto, o fratelli, che cosa ci raccomanda il Signore nel darci da mangiare la sua carne e da bere il suo sangue: che noi dimoriamo in lui e lui in noi. Ora, noi dimoriamo in lui, se siamo le sue membra; egli dimora in noi, se siamo il suo tempio. È l’unità che ci compagi-na facendoci diventare membra di Cristo. Ma che cos’è quest’unità se non la carità? […]
Niente deve temere un cristiano, quanto l’essere separato dal corpo di Cristo. Chi infatti si separa dal corpo di Cristo non è più suo membro; se non è suo membro, non può es-sere animato dal suo Spirito. «Che se qualcuno, dice l’Apostolo, non possiede lo Spirito di Cristo, non gli appartiene» (Rm 8,9).
(AGOSTINO DI IPPONA, Commento al vangelo di Giovanni 27,3.5-6, NBA XXIV pp.620.622.624).