«Il battesimo di Gesù ci ricorda soprattutto il nostra battesimo e ci chiede che cosa è cambiato nella nostra vita con l’ingresso in essa di Dio. Ci chiede: “Che cosa significa in realtà per me essere battezzato?”.
[…] Il battesimo significa che noi restituiamo a Lui quello che da Lui è venuto. Il bambino non è mio come può esserlo una somma di denaro o uno strumento qualsiasi. Egli non è mai proprietà di qualcuno. È affidato da Dio alla nostra responsabilità, liberamente e in modo sempre nuovo, affinché noi gli permettiamo di essere un libero figlio di Dio. Solo grazie a questa consapevolezza è possibile trovare la giusta via tra l’autoritarismo e la mancanza di autorità, tra la pretesa che molti hanno di disporre dei propri figli come se fossero una loro proprietà, il tentativo di plasmare i figli in base alle proprie idee e ai propri desideri, tentativo che finisce per rovinarli e far loro violenza, e quell’assurdo lasciar correre che viene spacciato come rispetto per la libertà, ma che in realtà è disprezzo della natura umana e della sua dignità. Perché in questo modo si nega al bambino il dono dell’amore e della comunità in cammino, lo si abbandona alle forze oscure dell’esistenza. Questo timore distruttivo della garanzia offerta dalla verità e dall’amore è inevitabile se l’uomo non sa più chi egli sia e per che cosa viva. In questo caso egli non può dare al bambino altro che la vita, che da sola è senza senso. Ma noi sappiamo a chi effettivamente appartiene il bambino e a chi è debitore. Se lo introduciamo alla luce di Dio e ai suoi insegnamenti, non gli facciamo violenza inculcandogli nostre idee personali, ma lo formiamo e lo guidiamo verso quelle che è la sua natura più autentica. Allora gli doniamo la sua vera libertà, il suo essere se stesso. Lo consegniamo nella mani di Colui che è creatore e salvatore. Questo è al tempo stesso il dono e l’impegno del battesimo».
(Joseph RATZINGER, Sul natale, Torino, Lindau, 2005, 110-111).