Venerdì Santo

Venerdì Santo: giorno della croce, giorno di sofferenza, giorno di speranza, giorno di abbandono, giorno di vittoria, giorno di mestizia, giorno di gioia, giorno di conclusione, giorno di inizio.
Durante la liturgia a Trosly, Père Thomas e Père Gilbert staccarono dalla parete l’enorme croce che sta appesa dietro l’altare e la tennero sollevata, così che tutta la comunità poté andare a baciare il corpo morto di Cristo. Vennero tutti, più di quattrocento persone – uomini e donne disabili con i loro assistenti e amici. Tutti apparivano consapevoli di quello stavano facendo: esprimere il loro amore e la loro gratitudine per colui che aveva dato la propria vita per loro. Mentre stavano tutti radunati attorno alla croce e baciavano i piedi e la testa di Gesù, chiusi gli occhi e vidi il suo sacro corpo disteso e crocifisso sul nostro pianeta terra. Vidi l’immensa sofferenza dell’umanità lungo i secoli: persone che si uccidono a vicenda, persone che muoiono di fame o di malattia; persone cacciate dalle proprie case; persone che dormono nelle strade delle grandi città; persone che si attaccano le une alle altre nella disperazione; persone flagellate, torturate, bruciate e mutilate; persone isolate in appartamenti chiusi, in prigioni sotterranee, nei campi di lavori forzati; persone che implorano una parola dolce, una lettera amichevole, un abbraccio consolante, persone… che gridano tutte con voce angosciata: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Immaginando il corpo di Gesù nudo e lacerato, disteso sul nostro globo, mi sentivo pieno di orrore. Ma non appena aprii gli occhi, vidi Jacques, che porta sul volto i segni della sua sofferenza, mentre baciava il corpo con passione e le lacrime gli scendevano da-gli occhi. Vidi Ivan, trasportato a spalle da Michael. Vidi Edith che avanzava nella sua se-dia a rotelle. Man mano che venivano – diritti o claudicanti, vedenti o ciechi, udenti o sordi – vedevo l’interminabile processione dell’umanità che si radunava attorno al sacro corpo di Gesù coprendolo di lacrime e di baci, per poi allontanarsene lentamente, confortata e consolata da un così grande amore… Con gli occhi della mia mente vidi l’immensa folla di isolati, di individui angosciati che si allontanavano insieme dalla croce, uniti dall’amore che essi avevano visto con i loro stessi occhi e toccato con le loro stesse labbra. La croce dell’orrore divenne la croce della speranza, il corpo torturato divenne il corpo che da nuova vita; le ferite aperte diventarono fonte di perdono, di guarigione e di riconciliazione.
O mio Signore, che cosa ti posso dire?
Ci sono forse parole
che possono uscire dalla mia bocca?
Qualche pensiero? Qualche frase?
Tu sei morto per me
hai dato tutto a causa dei miei peccati,
non solo sei diventato uomo per me
ma hai anche sofferto
la più crudele delle morti per me.
C’è forse una risposta?
Mi piacerebbe trovare una risposta adatta.
Ma contemplando la tua santa passione e morte
posso soltanto confessare umilmente davanti a te,
che l’immensità del tuo amore divino
fa apparire del tutto inadeguata qualsiasi risposta.
Che io semplicemente stia davanti a te e ti guardi.
Il tuo corpo è lacerato, il tuo capo ferito,
le tue mani e i tuoi piedi
perforati dai chiodi
il tuo fianco aperto,
il tuo corpo morto
ora riposa tra le braccia di tua Madre.
Ora tutto è finito.
È terminato. È compiuto. È consumato.
Dolce Signore, grazioso Signore,
generoso Signore, Signore pronto al perdono,
ti adoro, ti lodo, ti rendo grazie.
Tu hai fatto nuove tutte le cose
Mediante la tua passione e la tua morte
La tua croce è stata piantata su questo mondo
come nuovo segno di speranza.
Che io viva sempre sotto la tua croce, o Signore, e proclami la speranza della tua croce senza stancarmi.
(H.J.M. NOUWEN, Mostrami il cammino. Meditazioni per il tempo di Quaresima, Brescia, Queriniana, 2003).

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