In quel Vangelo che portavo sempre in tasca cercavo dunque, prima di tutto, l’incontro con uno Sguardo capace di illuminare ogni cosa.
Ricordavo le parole della catechesi: io sono la Via, la verità, la Vita. E non era forse questo l’affanno costante dei miei giorni? Tra l’opacità del quotidiano, tra i suoi infiniti e ingannevoli viottoli, trovare la Via, la strada maestra il cui ingresso spesso è celato dai rovi. Lì, ne ero certa, erano nascosti i pilastri della Verità, e solo quei pilastri sarebbero stati in grado di accogliere per sempre la mia vita nella dimensione della libertà assoluta.
Dunque, grazie a Francesco, a un tratto scoprii che Cristo poteva anche avere gli occhi aperti, e che le sue braccia, anziché pendere mestamente dalla croce, potevano essere spalancate in un cosmico abbraccio. Fino ad allora, i pochi crocefissi che avevo visto erano tutti tristemente e dolorosamente morti. Quella desolazione, quei corpi inanimati, quegli occhi chiusi mi avevano fatta sentire esclusa da qualsiasi possibilità di dialogo.
Quanti danni ha fatto – e continua a fare – una visione di Cristo unicamente doloristica! A chi può parlare un uomo tormentato dagli spasmi dell’agonia? In un mondo ormai completamente scristianizzato, in cui l’unico vero peccato riconosciuto è quello della gola – perché attenta alla linea – come si può immaginare che le persone inizino un cammino spirituale se, come sprone, hanno davanti a sé un’immagine che non ha nessun segno del-la potenza della vita che verrà?
Oh, magnifici crocefissi con gli occhi spalancati, con le braccia aperte, vive, pronte ad abbracciare e a consolare ogni pianto.
Oh, sguardo di pura Luce, sguardo che contiene l’universo e costantemente lo rigenera, tocca i nostri cuori, invalidi!
Solo Tu puoi sciogliere il ghiaccio, solo tu puoi compiere la misteriosa alchimia in grado di trasformare la pietra in carne, l’odio in amore, la non vita della menzogna in vita!
Solo Tu puoi liberarci dalle catene che ci tengono prigionieri, ignoti, sconosciuti e osti-li a noi stessi.
Solo Tu puoi donarci la libertà assoluta di chi non soccombe alla morte.
È questa la nostalgia che hai impresso in ogni embrione che si forma nella splendente profondità del ventre materno.
(Susanna TAMARO, Un cuore pensante, Bompiani, Milano, 2015, 145-147)