Noi preti siamo capaci di futuro?

Ho letto quanto scritto su La Voce nelle settimane scorse, a proposito delle difficoltà che viviamo noi preti e in particolare quanto proposto da don Luigi Maistrello. Vi ho trovato punti che condivido e altri meno.
Condivido la sua sofferenza per il clima di “pericolosa rassegnazione”. La si nota nelle nostre comunicazioni, nei nostri silenzi e soprattutto nella ricerca, purtroppo diffusa, di un comodo rifugio, lontano da novità e sorprese.
Condivido il bisogno ormai pressante di luoghi e spazi di parola, di confronto, di condivisione, perché solo liberandoci dai pesi che appesantiscono il nostro cuore possiamo ritrovare slancio nell’impegno missionario. Sono convinto di quanto sia terapeutico il parlare tra di noi, per questo ringrazio don Luigi per l’opportunità creata.
Riconosco che le nostre visioni sono diverse, ma per questo sono arricchenti. Personalmente non mi sento al tramonto, ma all’alba di un nuovo modo di essere Chiesa, “cuore amante” nella società. Questa immagine è molto bella, come tante altre parole di santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto santo.
Don Luigi ha ragione: come preti, siamo a volte senza entusiasmo, apatici perché conosciamo ciò che abbiamo perso e non ci piace il nuovo modo di essere Chiesa e di essere preti che si delinea davanti a noi.
Ma per me, l’immagine – proposta da don Luigi – del prete (“piccolo vescovo”) che passa per le comunità per animare, per confortare, per annunciare, alla maniera di san Paolo, e non le tratta come suo possesso, è fonte di entusiasmo e di gioia nel cuore, perché ci riporta all’essenziale. Credo che per le comunità cristiane non pesi solo il fatto che siamo “pochi” preti, ma ancor più il fatto che siamo preti tristi, disanimati, scoraggiati.

Spazio ai laici, uomini e donne
È vero: territorialmente le nostre unità pastorali rischiano di crescere anno dopo anno, per questo abbiamo bisogno di ripensare il nostro servizio alle parrocchie. Non possiamo in pochi portare i pesi di quando eravamo molti! Perché non prendere in mano gli Atti degli Apostoli e abbeverarci al coraggio, alla creatività, alla libertà delle prime comunità, in cui fiorivano tanti ministeri, maschili e femminili, tanto necessari nel nostro tempo, come la pandemia ci ha mostrato?
Non concordo con don Luigi rispetto a quelli che definisce “scandali”. Io li vedo come “segni della provvidenza”. Sinceramente, non ritengo uno scandalo che alcune canoniche vuote siano destinate ad accogliere famiglie di profughi. Anzi!
Mi dispiace vedere le canoniche chiuse… soprattutto se dentro c’è un presbitero! Sogno che alcune canoniche siano abitate da “famiglie missionarie a km zero”. Sono dispiaciuto nel vedere molti oratori in difficoltà, ma non dobbiamo dimenticare, da un lato, la grande mancanza di preti giovani nella nostra diocesi e, dall’altro, l’interessante tentativo di sostituirli con gli “animatori di oratorio”.
Personalmente, credo che i nuovi oratori possano essere anche le case, ove si ascolta e si annuncia la Parola nella lectio divina. Questi mesi difficili hanno fatto emergere esperienze interessanti di preghiera e annuncio nelle famiglie, che sta a noi promuovere. È anche una provvidenza se riusciamo a cedere alcune strutture e diventiamo una Chiesa più povera ma non per questo meno significativa.
Non ritengo scandaloso che il prete debba partire per nuove destinazioni, anche se la norma dei nove anni può essere rivista. Ritengo molto più scandaloso, vedere un prete che perde la disponibilità a partire, perché legato alle sue piccole o grandi ricchezze e abitudini!
Ritengo salutare ispirarsi, come singoli e come comunità, a Evangelii gaudium 27 che ci chiede una conversione missionaria di strutture, abitudini, linguaggi, progetti. Perché non chiedere insieme allo Spirito che ci renda leggeri, sempre pronti a partire, invece che rimanere “seduti”?
Le relazioni sono decisamente importanti, soprattutto se nascono dalla fede.

Una Chiesa fraterna e ministeriale
Ringrazio don Luigi, per questa occasione in cui mi aiuta a riaffermare il sogno che mi fa lavorare e per cui cerco di spendermi giorno dopo giorno: con tanti altri, sogno una Chiesa fraterna, ministeriale, corresponsabile, più femminile, già intravvista nel Sinodo diocesano, confermata dall’EG e da tanti passi che la nostra diocesi ha compiuto in questi trent’anni! Se guardo al recente motu proprio Spiritus Domini di papa Francesco, direi anche una Chiesa impostata sul sacramento del battesimo, più che sul sacramento dell’ordine, senza negarne l’importanza.
Condivido con don Luigi il sogno di una Chiesa caratterizzata da uno stile “familiare”, dove, proprio per questo, non ci può essere una sola testa che pensa e decide per tutti. Nelle famiglie non avviene così. Al contrario, ci si mette intorno alla tavola, si pensa, si parla, si decide insieme, perché “ciò che interessa tutti, va deciso da tutti”.
Per questo motivo, nell’applicazione del canone 517§2, la diocesi ha scelto di non affidarsi ad una persona sola, religiosa o laica, ma a un gruppo di persone che insieme aiutano il parroco nella cura pastorale della comunità, evitando così che una persona prenda possesso della parrocchia, diventi un funzionario o cada nel clericalismo.
Vorrei, a questo punto, condividere una personale sofferenza: come mai noi preti siamo così restii a valorizzare i ministeri laicali? Come mai ci lamentiamo di avere tanto da fare e poi non riusciamo a condividere i pesi con laici e laiche desiderosi di assumere le responsabilità?
Occorre cambiare alcuni punti del Codice, d’accordo, ma ci dobbiamo intanto chiedere: siamo disposti a dare fiducia? Siamo disposti a comunicare sul piano della fede, oppure temiamo di perdere il potere, il controllo della situazione o di non sapere più cosa fare?
I gruppi ministeriali non sono stati pensati per sostituirsi ai parroci, ma per sgravarli di tante incombenze che possono essere realizzate dai laici, in modo che essi abbiano più tempo per… essere preti!
I laici non possono esercitare nuovi servizi, senza una formazione adeguata. Mi chiedo: noi preti, chi stiamo formando? Stiamo formando nuovi ministri, per esempio, persone in grado di presiedere le assemblee domenicali, in caso di assenza del presbitero?

Formatori dei formatori
Dedicandoci alla formazione dei laici, noi preti possiamo recuperare il nostro ruolo di “formatori dei formatori”. La nostra vita è  effettivamente piena di riunioni: perché non rendere queste riunioni occasioni di formazione liturgica, spirituale, teologica, pastorale? Sono certo che questa trasformazione farebbe bene ai laici e ancor più a noi preti.
Si tratta di una conversione che avrà bisogno ancora di tempo: non è facile ripensare il nostro modo di essere preti in una Chiesa sinodale. Non siamo abituati a trattare i laici, e soprattutto le laiche, come persone adulte anche nella fede.
Ci chiediamo: come possiamo rispettarci e lavorare insieme, se noi, per formazione lavoratori individualisti, non ci formiamo attraverso l’esperienza delle fraternità presbiterali, in cui vivere relazioni vere, profonde, affettuose?
Condivido il fatto che la Chiesa possa aver bisogno di preti “pochi, preparati e motivati”, ma noi, così fragili e disorientati, lo siamo?
La Chiesa sarà sempre più insignificante se continua a rimanere chiusa nelle canoniche e nelle strutture parrocchiali, se continua a non frequentare i luoghi abitati dalle nuove generazioni, come i social; se resta lontana dai luoghi in cui si decidono le sorti della gente; se si disinteressa delle questioni vitali (come ci sono state indicate dal convegno nazionale di Verona, nel 2007).
Sono consapevole, rispetto alla proposta di don Luigi, di proporre, o semplicemente ricercare, una visione di Chiesa diversa. Quella che ho presentato in queste righe cerca di portare avanti il cammino iniziato con il 25° Sinodo diocesano e rafforzato dalle indicazioni dell’Evangelii gaudium di papa Francesco.
Riconosco che i punti oscuri sono ancora tanti, per cui dialogo e confronto sono necessari, quanto la preghiera. Sono però sicuro che stiamo vivendo un momento straordinario per la nostra Chiesa e che sarebbe davvero un peccato, perdere questa occasione.

Il calo numerico dei preti

Il calo numerico del clero e il sempre più frequente accorpamento di parrocchie, con il conseguente affidamento delle stesse a un unico sacerdote, sono problematiche alle quali la Chiesa cattolica deve dare risposte concrete. A questo segno dei tempi è fortemente legata la necessità di aprire le parrocchie all’apporto dei laici. Per questo, il Centro di Orientamento Pastorale ha dedicato il tema della sua 69ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, che si è tenuta a Torreglia (Padova) dal 24 al 27 giugno 2019, a “Parrocchia senza preti. Dalla crisi delle vocazioni alla rinnovata ministerialità laicale”. Dagli interventi, sono emersi molti spunti di riflessione che riguardano anche la figura dell’educatore laico nell’oratorio.

Partendo dai dati che vedono negli ultimi tre decenni una riduzione del corpo sacerdotale italiano del 16% circa, con un’età media di oltre 61 anni e un terzo del clero con più di 70 anni e un decimo con meno di 40 (Franco Garelli), è immediato capire che per svolgere tutte le attività pastorali di una parrocchia è necessario «un prete che non si pensa più da solo, ma impara a costruirsi dentro un grande noi che è il presbiterio e la comunità» (don Luca Bressan).

Il coinvolgimento della comunità e dei laici non deve essere visto solo per riempire dei vuoti, ma per leggere i segni dei tempi e spostare l’attenzione dal “che cosa fare” al “chi è coinvolto”, dall’oggetto ai soggetti. In coloro che vengono coinvolti nelle attività pastorali devono essere presenti professionalità e competenza, non nell’ottica di un mero mestiere (comunque il lavoro va compensato), ma di una coniugazione con l’aspetto simbolico e sacramentale della Chiesa. Tra l’altro, studi sviluppati soprattutto su gruppi professionali di animatori di oratorio hanno rivelato che la presenza di un professionista fa crescere il volontariato (Assunta Steccanella).

Quindi, anche se «il clero non è ancora totalmente convinto della necessità della valorizzazione dei laici, una valorizzazione vera», essi dovrebbero essere ben presenti con ruoli precisi, in particolare nelle unità pastorali, perché ad oggi solo loro possono garantire la continuità dei progetti sul territorio (don Giovanni Villata). Per questo, devono essere superate le paure che segnano le comunità: tradizionalismo, ovvero la paura del futuro; ecclesiocentrismo, la paura di aprirsi al mondo; clericalismo, la paura di perdere potere. Ma il futuro è la realtà del Regno di Dio che ci viene incontro e richiama una conversione pastorale, ricordando che l’unica autorità è il servizio e l’unico potere è la croce (don Antonio Mastantuono).

Come fare? È essenziale che si lavori insieme, in maniera sinodale. Nella gestione dell’oratorio, il progetto educativo deve prevedere la corresponsabilità tra prete e laici e la comunione degli specifici contributi di ognuno, all’interno di obiettivi comuni. Solo così è possibile consentire «la promozione di una collaborazione efficace» e configurare «la comunità stessa con la varietà dei doni» (don Livio Tonello). Ecco che risuonano significative le parole che mons. Domenico Sigalini, vescovo emerito di Palestrina, ha inserito nelle sue conclusioni sul convegno: «Io prete sono e resto pastore se faccio vigilanza, se ci tengo alla capacità di aprirmi e aprire al Regno, se non mi piango addosso, se mi ci butto nella vita concreta, se non mi fermo a discernimenti astratti; occorre un passo in più: sporcarsi le mani nella mischia».

Corso di preghiera profonda

Nei giorni 04-07 aprile è stato tenuto dal prof. Gabriele Feroldi un corso di preghiera profonda, dal titolo: «“In cammino dentro il silenzio” Per  imparare  a  ritrovarci alla  presenza  di noi  stessi  e  di Dio».  Un piccolo gruppo di persone, aiutate dalle riflessioni e dal clima di preghiera, hanno potuto vivere un’esperienza di preghiera e di comunione.

Il presbitero nell’esperienza della formazione del clero

Desideriamo comunicarvi che Presbyteri organizza per Lunedì 6 maggio 2019 dalle 09.30 alle 17,30 un Convegno sul ruolo del presbiterio nella formazione permanente. Per offrire una riflessione teologico-pastorale e un confronto a più voci sull’essere presbiterio e sulla sua centralità nella formazione.
Troverete in allegato tutte le informazioni necessarie.

Il raduno sarà presso l’Istituto Pastristico Augustinianum auditorium “Minor” Via Paolo VI, 25 Roma.

Convegno Maggioweb Presbyteri

Corso “Dabar” 2019

“Conosco davvero i Vangeli?”  Prima introduzione ai Vangeli  Presentazione del vangelo di Luca

Anche per quest’anno 2019 il corso “DABAR”  (termine ebraico che significa “PAROLA”) prevede un tragitto di 10 incontri per introdurci ad una maggiore conoscenza di quello che è il libro che fonda tutta la fede cristiana: La Sacra Bibbia.
Già gli antichi Padri della Chiesa occidentale affermavano che “l’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza di Cristo” (S. Gregorio Magno).
Il corso è aperto a tutti coloro che desiderano essere condotti ad un cammino di conoscenza e di presa coscienza della importanza essenziale della Parola per la propria vita.
Si svolgeranno secondo il calendario, la domenica pomeriggio a partire da: Domenica 3 Marzo fino a Domenica 30 Giugno 2019
L’ORARIO  dell’incontro sarà dalle 16.00 alle 18.00

 

CALENDARIO

MARZO                       Dom.   3     –       Dom.  10    –     Dom.  31
APRILE                       Dom.   7     –       Dom.  28
MAGGIO                     Dom.    5     –      Dom.  19   –     Dom.  26
GIUGNO                     Dom.    9     –      Dom.  30

 

NOTE ORGANIZZATIVE 

  • SI SVOLGERÀ PRESSO: “CASA MARIS STELLA”   Via Montorso , 1   –   LORETO (AN)
  • QUOTA DI CONTRIBUTO: Euro 30 (singoli)   /  Euro 50 (coppie fidanzati/famiglie)
  • ISCRIZIONI: Casa Maris Stella 071/970232   –  padre Giovanni M. Tirante cell. 333.8827790
  • Gabriele Feroldi (Loreto) cell. 377.1549016 – Francesca Postacchini (Loreto) cell. 348.4982782 
  • E-mail: maris.stella@padriventurini.it

N.B. disponibile servizio di Baby-sitter