«”Grazie” è una parola di poche lettere, ma di molto peso: ingentilisce la terra e la pro-fuma. Ringraziare è un verbo da ricuperare» (Pino Pellegrino). La fede dei lebbrosi del Vangelo è sufficiente per ottenere il miracolo della guarigione. Ma questo deve aumentar-la. La fede del Samaritano è nuova e più profonda. Gli altri hanno ottenuto la guarigione, lui una fede accresciuta e approfondita che ottiene la salvezza. Questa fede è in qualche modo risposta alla domanda dei discepoli: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,6; cf 27ª dome-nica). Come, dunque, chi è tornato indietro per rendere gloria a Dio e per benedirlo è stato veramente salvato, ha riconosciuto che in Gesù è Dio che agisce e salva; così solo chi è ca-pace di «Eucaristia» (bene-dizione, rendimento di grazie), culmine e fonte di tutta l’attività della Chiesa, ha la «salvezza»: superamento del caos e accesso alla casa del sen-so. Il Samaritano guarito insegna a dire grazie. Niente ci è dovuto nel nostro rapporto con Dio. Come anche nel rapporto con i fratelli. «Tutto è grazia», dice Bernanos. E se tutto è grazia, solo chi sa dire «grazie» ha capito il suo posto e la sua strada. Nei nostri rapporti pensiamo sovente che tutto ci sia dovuto e facciamo fatica a dire «grazie», a utilizzare questa piccola forma di cortesia. «Il segreto del vivere spirituale è nella facoltà di lodare. La lode è il racconto dell’amore e precede la fede. Prima cantiamo e poi crediamo» (A.J. Heschel). Per chi legge il Vangelo non c’è niente di più impegnativo che dire «grazie». Dal profondo del cuore. È fare «Eucaristia». La lode è pura gratuità per il dono dell’esistenza. L’uomo è così restituito alla sua vocazione: «Misericordias Domini in aeternum cantabo!». «La riconoscenza – afferma un proverbio africano – è la memoria di cuore». È la capacità di ricordare e, pertanto, di amare.
Categoria: Riflessioni
La Verità
Oggi, in un tempo di fake news dilaganti, la parola “verità” è spesso abusata, dando adito a molte confusioni. Di chi possiamo fidarci? Possiamo riconoscere esattezza, realtà, evidenza, sincerità? Ascoltando due persone che raccontano, in buona fede, lo stesso episodio, scopriremmo che uno ha visto qualcosa che l’altro nemmeno ha notato, che c’è chi riesce a esprimere meglio il proprio pensiero, che ci sono cose che li hanno colpiti e cose che sono state cancellate immediatamente dalla loro memoria.
Il bisogno di aggrapparci a una solida certezza, a un concetto affidabile e condiviso che permetta una discussione non sottoposta al “secondo me”, è grande. Ci chiediamo, quindi, se la Parola di Dio ha qualcosa da dirci per accompagnarci nel faticoso cammino di raggiungere una verità, sia nostra che comune, che sia lampada per i nostri passi. Tenendo sempre conto che Dio non ci offre una verità preconfezionata, dobbiamo cercare in ciò che accade le tracce sottili della grazia.
La porta del cielo
Un antico racconto degli ebrei della diaspora così dice: «Cercavo una terra, assai bella, dove non mancano il pane e il lavoro: la terra del cielo. Cercavo una terra, una terra assai bella, dove non sono dolore e miseria, la terra del cielo.
Cercando questa terra, questa terra assai bella, sono andato a bussare, pregando e piangendo alla porta del cielo…
Una voce mi ha detto, da dietro la porta: “Vattene, vattene perché io mi sono nascosto nella povera gente.
Cercando questa terra, questa terra assai bella, con la povera gente, abbiamo trovato la porta del cielo».
Ciò che ora compie con forza, facendo violenza al proprio cuore, lo compirà senza fatica
Per quanto uno può, divenga misericordioso, dolce, compassionevole e buono, come dice il Signore: «Siate buoni e dolci come è misericordioso il Padre vostro celeste» (cfr. Lc 6,36); e dice anche: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti» (cfr. Gv 14,15); e ancora: «Fatevi violenza, perché i violenti rapiscono il regno dei cieli» (cfr. Mt 11,12); e: «Sforzate-vi di entrare per la porta stretta» (Lc 13,24). In tutto prenda a modello l’umiltà, la condotta, la mitezza, i modi di vita del Signore con un ricordo sempre desto. Sia perseverante nelle preghiere supplicando sempre con fede il Signore che venga a dimorare in lui, lo risani, gli dia la forza di osservare tutti i suoi comandamenti e divenga egli stesso la dimora del-la sua anima. E così, ciò che ora compie con forza, facendo violenza al proprio cuore, lo compirà spontaneamente quando avrà assunto l’abitudine al bene, quando ricorderà sempre il Signore e lo attenderà con amore grande. Quando il Signore vede tale risoluzione e il suo zelo buono, e in che modo fa sempre violenza a se stesso per ricordarsi di lui e per il proprio bene, e si costringe all’umiltà, alla mitezza, alla carità e come, anche se il suo cuore non vuole, vi si dedica con tutte le sue forze, facendosi violenza, allora gli fa misericordia e lo libera dai suoi nemici e dal peccato che abita in lui colmandolo di Spirito santo. Ed egli ormai compie ogni comandamento del Signore senza sforzo ne fatica, in verità o meglio, è il Signore che compie in lui i suoi comandamenti e produce in purezza i frutti dello Spirito. Quando uno si accosta al Signore, deve allora innanzitutto costringersi al bene, anche se il suo cuore non lo vuole, e attendere sempre con fede la sua misericordia; deve costringersi alla carità pur non avendo carità, costringersi alla mitezza, pur non avendo mitezza, costringersi ad avere un cuore compassionevole e misericordioso, costringersi a sopportare il disprezzo, ad essere paziente quando viene disprezzato e a non adirarsi quando è vilipeso o oltraggiato, come sta scritto: «Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi» (Rm 12,19), costringersi alla preghiera, pur non possedendo preghiera spirituale. E così Dio, vedendolo lottare in questo modo e costringersi facendosi violenza, anche se il suo cuore non vuole, gli dona la vera preghiera spirituale, gli dona la vera carità, la vera mitezza, viscere di misericordia, la vera bontà e, in una parola, lo colma dei frutti dello Spirito.
(PSEUDO-MACARIO, Omelie 19,2-3, in ID., Spirito e fuoco, Rose 1995, pp. 242-243).
Dio è “pericoloso”
Dio è un fuoco divoratore. Dio ha posto gli occhi su di te… Fa’ attenzione, poiché egli nasconde la sua tattica, comincia con un piccolo amore, con una piccola fiamma, e prima che tu te ne accorga, ti tiene tutto e tu sei preso. Se lasci che ti prenda anche solo il dito mignolo, sei perduto; non c’è limite verso l’alto. Egli è Dio ed è abituato all’infinito. Ti aspira verso l’alto come un ciclone, ti fa volteggiare come un tifone. Fa’ attenzione: l’uomo è creato per la misura e per il limite e trova riposo e felicità solo nel finito; ma colui che agisce in questo caso non conosce misura. È un seduttore.
(H. Urs von Balthasar, II cuore del mondo)
Preghiamo perché questo fuoco venga anche in noi
«Sono venuto a gettare un fuoco sulla terra e vorrei che fosse già acceso» (Lc 12,49). Vi è un fuoco dello Spirito che rianima l’ardore dei cuori; perciò il fuoco immateriale e divino è solito illuminare le anime, provarle come oro puro nella fornace (cfr. Pr 17,3), e consumare la malizia come spine o paglia. «Il nostro Dio infatti è fuoco che divora» (Eb 12,29) […] Questo fuoco agiva negli apostoli, quando parlavano con lingue di fuoco (cfr. At 2,3). Questo fuoco avvolse di luce Paolo quando gli giunse la voce, illuminò la sua mente, ma ottenebrò i suoi occhi; non al di fuori della carne, infatti, vide la luce. Questo fuoco apparve a Mosè nel roveto, questo fuoco rapì Elia dalla terra sotto forma di un carro. E il beato David ricercando l’azione di questo fuoco diceva: «Provami, Signore, saggiami, passa al fuoco i miei reni e il mio cuore» [Sal 25 (26),2].
Questo fuoco riscaldava il cuore di Cleopa e dei suoi compagni, quando il Signore parlava loro dopo la resurrezione […]. Questo fuoco, consumando la trave che è nell’occhio (cfr. Mt 7,3), restituisce la purezza al cuore perché recuperi la sua naturale capacità di vedere e volga continuamente lo sguardo alle meraviglie di Dio, secondo la parola: «Togli il velo ai miei occhi e osserverò le meraviglie della tua legge» [Sal 118 (119),18]. Questo fuoco, dunque, mette in fuga i demoni e sradica il peccato, è una potenza di resurrezione e un’energia di immortalità, è luce per le anime sante e sostegno delle potenze spirituali. Preghiamo perché questo fuoco venga anche in noi e così, camminando sempre nel-la sua luce, non inciampiamo seppur di poco in una pietra, ma risplendendo come astri nel mondo ci teniamo saldi alla parola di vita eterna (cfr. Fil 2,15); allora godremo dei beni divini e ci riposeremo con il Signore nella vita rendendo gloria al padre, al Figlio e allo Spirito santo».
(PSEUDO-MACARIO, Omelia 25,9-10, in ID., Spirito e fuoco, Rose 1995, pp. 270-272).