Gesù è la mia pace. Come le sento vere queste parole! La pace è la tranquillità dell’ordine; e perciò quando sono unito a Gesù sono tranquillo. (PADRE MARIO VENTURINI)
Centro di Spiritualità della Congregazione di Gesù Sacerdote
Gesù è la mia pace. Come le sento vere queste parole! La pace è la tranquillità dell’ordine; e perciò quando sono unito a Gesù sono tranquillo. (PADRE MARIO VENTURINI)
Oh! vita di Dio, come sei mirabile, come sei sublime! E Gesù opera continuamente in noi per accrescerla sempre più, anzi vuole che ad ogni costo arriviamo alla consumazione dell’unione. Dammi grazia di arrivarvi, buon Gesù. Tu puoi tutto ciò che vuoi! Ed io sento che tu mi vuoi unito al tuo Cuore in un modo straordinario, tanto da formare un cuor solo. (PADRE MARIO VENTURINI)
Per tutto il giorno continuò in me la gioconda impressione di Gesù risorto: Egli non soffre più, non muore più! Però per mezzo della SS. Eucaristia Egli pone in noi i germi di morte, perché soggiogata la natura noi risorgiamo con Lui ad una vita nuova ch’Egli alimenta mediante la Sua Carne ed il Suo Sangue. (PADRE MARIO VENTURINI)
P. Gian Luigi presenta in questo video la nostra rivista Presbyteri; ne tratteggia l’origine, la storia e come oggi offre ai lettori un mezzo di spiritualità e di pensiero sul Ministero Ordinato e la realtà pastorale attorno al mondo del prete.
Ho trovato in Settimana News un articolo che ho colto molto interessante e desidero proporre alla vostra attenzione
Per le nostre comunità parrocchiali abbiamo bisogno di pastori che sanno vedere oltre e lontano.
Che si lasciano trafiggere per primi il cuore e la vita dalla spada della Parola e dall’amore del Cielo.
Che perdano l’ossessione per se stessi e ritrovino la sensibilità per il pianto altrui.
Che non stiano a calcolare il tempo, né a vedere l’orologio.
Che siano disposti a farsi mangiare proprio come Uno che conosciamo.
Che abbiano a cuore tutti, a cominciare dagli ultimi proprio per non escludere nessuno.
Che si lascino disturbare sempre e da tutti.
Che vadano a cercare tutti proprio come Dio ha fatto subito e per sempre.
Che non si accontentino di novantanove pecore su cento, ma che non abbiano pace finché non ritrovino anche l’ultima.
Che non diano solo regole e divieti ma che portino pace e vera libertà.
Che sappiano indicare la meta e con pazienza ricalcolare il percorso tutte le volte proprio come un tomtom.
Che siano attenti alla fame, alla sete, alla nudità, alla mano tesa di chiunque, non pensando mai che queste sono cose secondarie.
Che sappia offrire sempre anche ciò che gli altri non sanno chiedere, ma che desiderano tanto.
Che sappia regalare momenti di semplice spensieratezza e offrire rapimenti ultraterreni.
Che non passi mai oltre e mai dall’altra parte quando incrocia un uomo, tantomeno se ferito.
Che sappia sempre qual è l’indirizzo del malato e non lo lasci solo. Che sappia piangere con chi piange.
Che sappia aspettare e trascinare. Stare insieme e andare avanti.
Che non perda mai di vista chi rimane indietro.
Che sappia avere una parola per lo sfiduciato e una carezza per chi è solo.
Che non si metta al di sopra degli altri ma che – come gli ricorda la parola con la quale viene definito “ministro” – sia disposto a stare sotto per sostenere chiunque.
Che non abbia timore a bussare e non abbia paura di aprire.
Che possa portare il profumo di Cristo e l’odore delle pecore.
Che sia disposto a lavare i piedi non solo il giovedì santo durante la liturgia.
Che gioisca quando qualcuno gli chiede di confessarsi.
Che quando celebra la messa o qualsiasi altro sacramento ci metta tanta di quella passione da contagiare.
Che non trattenga nulla di quanto gli passa nelle mani se non quello che gli basta per vivere.
Che sia disposto a fare anche le cose più umili.
Che non scansi la fatica e il lavoro come fossero malattie.
Che sappia riconoscere le pecore dai lupi e non abbandoni il gregge quando è minacciato.
Che sappia accettare le offese e sopportare l’ingratitudine.
Che abbia un bagaglio leggero per essere sempre pronto alle variabili verticali.
Che coltivi un’intimità con Dio che gli trasfiguri il volto come Mosè.
Che sappia riconoscere le orme del Risorto e il passaggio degli angeli.
Che sappia gioire di ogni piccolo traguardo dei suoi fedeli e dei suoi confratelli.
Che respinga la mondanità ma che ami il mondo.
Che non si ostini a fare da solo.
Che senta la gioia di andare a due a due e di lavorare insieme.
Che non creda mai di essere migliore degli altri.
Che si ricordi sempre che è stato generato in una comunità e che non si trova in nessun posto a nome suo.
Che sappia essere operatore di pace e costruttore di comunione.
Che non sia mai causa di divisioni.
Che sappia innamorare tutti alle cose belle.
Che risvegli la nostalgia che ogni uomo porta nel cuore del cielo.
Che, mentre conduce pian piano le pecore madri, cioè quelle che, per la loro generosità, sono stanche, si porti gli agnellini sul petto, cioè abbia cura dei piccoli e dei giovani, sappia stare con loro e si lasci contagiare dalla loro fantasia e dalla loro esuberanza.
Che sappia essere vicino a tutti e non sia estraneo a nessuno e distante da nemmeno uno, soprattutto se l’ultimo.
Che sappia essere talmente libero da essere pronto a lasciare tutto come la prima volta.
Che abbia fiducia nella provvidenza e non si lasci vincere dalla paura.
Che abbia una speranza nel cuore e corra spedito verso la meta.
Che sia contento di farsi popolo e non guardi nessuno dall’alto in basso.
Che faccia tutto per amore di Colui che l’ho ha amato.
Che gli scoppi nel cuore la gratitudine per la grande quantità di regali che riceve.
Che sappia inginocchiarsi davanti al tabernacolo e lo sappia fare anche davanti alla carne di Cristo nei fratelli.
Che sia uomo della Pasqua, dallo sguardo rivolto al Regno, verso cui sente che la storia umana cammina, nonostante i ritardi, le oscurità e le contraddizioni (papa Francesco).
Preti così ce ne sono. Forse non hanno tutte le qualità che agli occhi nostri sembrano necessarie e fondamentali, ma ce ne sono.