Mia luce e guida

Signore, tu sei la luce e io la nebbia.
Io so che tu sei la mia luce, e non so come sono ne chi sono.
Tu mi conosci, mi interroghi e mi ami.
Illuminami affinché io ti conosca,
e, conoscendo te, giunga a conoscere me stesso.

Non so mettere in ordine i valori
delle realtà nelle quali vivo immerso.
Illumina tutto il mio essere
affinché sappia far ordine nella mia vita
secondo i tuoi valori e secondo le tue priorità.

Io non so amare, aiutami ad amare come ami tu,
con l’universalità e con le preferenze del tuo amore.

La mia sensibilità è annebbiata
dall’egoismo e dalla ricerca di me stesso.
Fa’ che, con la tua luce, veda dentro di me
e veda tè stesso che entri nel profondo del mio cuore
e, conoscendoti, io non resti nella nebbia.

Le mie forze sembrano sempre mancarmi.
Io non sono nulla, sono nebbia.
Fa’ che la tua luce mi purifichi, mi rallegri e mi dia forza.
Fa’ che la tua luce mi faccia scorgere la verità,
guarisca e illumini la mia cecità.

Clemente Arranz Enjuto

Messa e cena con i volontari di Casa Maris Stella

Giovedì 19 dicembre, come comunità, ci siamo radunati attorno all’altare per celebrare con gli “Amici di Casa Maris Stella” una messa di ringraziamento per l’anno trascorso. I nostri amici, in modi diversi, ci hanno aiutato con opere di volontariato: parco, portineria, stireria; per il loro sostegno e il loro prezioso aiuto ringraziamo il Signore e preghiamo perché Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote ricompensi con la vita eterna quelli che ci fanno del bene nel suo nome.

Subito dopo la messa abbiamo condiviso con loro la mensa fraterna. Un momento sereno e gioviale che sarebbe bello ripetere anche in futuro.

Cantiamo: Alleluia!

Bisogna che «questo corpo corruttibile» – non un altro – «si rivesta di incorruttibilità, e questo corpo mortale» – non un altro – «si rivesta di immortalità. Allora s’avvererà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria». Cantiamo: Alleluia! […]
Oh! Felice alleluia quello di lassù! Alleluia pronunciato in piena sicurezza, senza alcun avversario! Lassù non ci saranno nemici, non si temerà la perdita degli amici. Qui e lassù si cantano le lodi di Dio, ma qui da gente tribolata, là da gente libera da ogni turbamento; qui da gente che avanza verso la morte, lassù da gente viva per l’eternità; qui nella speranza, lassù nella realtà; qui in via, lassù in patria. Cantiamo dunque adesso, fratelli miei, non per esprimere la gioia del riposo, ma per procurarci un sollievo nella fatica. Come sogliono cantare i viandanti, canta ma cammina; cantando consolati della fatica, ma non amare la pigrizia. Canta e cammina! Cosa vuol dire: cammina? Avanza, avanza nel bene, nella retta fede, in una vita buona.

(AGOSTINO DI IPPONA, Discorsi 256,2-3, NBA XXXII/2, pp. 816-818).

Auguri di santa Pasqua di Risurrezione dalla Comunità di Casa Maris Stella
padre Giovanni
p. Giannantonio
p. Roberto

Sulle tracce di Gesù

II punto cruciale di questo cammino sta nel riconoscere che il Gesù risorto, che compie i desideri dell’uomo, è ancora il Gesù crocifisso, che ha affidato al Padre il compimento dei propri desideri. Ha uniformato la propria volontà alla volontà del Padre. Ha accettato di perdere la propria vita sulla croce, per compiere la missione di proclamare all’uomo peccatore e separato da Dio che il Padre non lo abbandona al fallimento, non lo rifiuta anche se è rifiutato; anzi gli dona il proprio Figlio, per mostrare che neppure il peccato impedisce a Dio di amare l’uomo e di attirarlo a sé in un gesto di perdono, che vince il peccato e la morte.
Tutto questo è implicitamente contenuto nel grido del discepolo prediletto, che rompe il silenzio del mattino: «E il Signore» (Gv 21,7). Questa espressione, infatti, rievoca le professioni di fede della Chiesa primitiva. Gesù, che si è umiliato nella morte, in obbedienza al Padre e per amore degli uomini, è stato glorificato dal Padre ed è stato proclamato Signore, cioè colui che reca pienamente in sé la forza d’amore e di salvezza che è propria di Dio stesso.
Gesù manifesta la sua capacità e volontà di comunicare agli uomini l’amore salvifico del Padre anche attraverso un gesto simbolico. Egli mangia con i discepoli.
L’umile, quotidiano gesto del mangiare è ricco di potenzialità espressive. Può prestar-si a esprimere la comunicazione di beni sempre più grandi e misteriosi, che approfondiscono il bene fisico del cibo e il bene psicologico della conversazione, scambiati durante il pasto comune.
Gesù assume questo gesto umano e lo carica di prodigiose potenzialità. Il pasto de-scritto nel cap. 21 di Giovanni non risulta essere un convito propriamente eucaristico. Rievoca però il convito di Jahvè col popolo degli ultimi tempi, annunciato nell’Antico Testamento. Si ricollega ai conviti messianici fatti da Gesù con i discepoli o con le folle. Allude all’ultima cena o ad altri conviti di Gesù risorto, che hanno caratteri più propriamente e chiaramente eucaristici e comportano quindi il trapasso del generico simbolismo conviviale nella reale comunione col Signore, che si rende presente trasformando il pane e il vino nella vita e misteriosa realtà del corpo donato e del sangue versato.

(C.M. MARTINI, Incontro al Signore risorto. Il cuore dello spirito cristiano, Cinisello Balsa-mo, San Paolo, 2009, 258-259).